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• 30
APRILE 2020 Benedetti:
"Servono tutele per giocare e adesso serve
l'aiuto dello Stato. ". Rosso di... rabbia
Come
tutti, rinchiusi in un bunker, i calciatori non
toccano più il pallone, si allenano come
possono, tra le mura domestiche. Un adattamento,
forzato, che non piace a nessuno, che ridimensiona
uno stato democratico, per colpa di un virus, tra
l'altro importato. Il centrocampista Alessio Benedetti
parla dal piccolo video (per il canale social ufficiale):
"C'è tanta voglia di tornare a giocare,
facciamo quello che possiamo, ma ci sono da rispettare
dei protocolli. Ma chiaramente non dipende da noi.
Da due stagioni sono a Gubbio. L'anno scorso è
stata una stagione altalenante, però alla
fine ci siamo salvati con merito. La serie C è
un campionato sempre difficile, si gioca sempre
sui dettagli. Mentre quest'anno non siamo partiti
bene, un cammino un po' così così.
Poi però ci siamo ripresi, abbiamo fatto
un bel cammino. Soprattutto nel girone di ritorno
stavamo dimostrando di competere anche con le squadre
di vertice. Si è creato un gruppo coeso e
solido. Eravamo sulla strada giusta. Purtroppo c'è
stato questo stop, ma speriamo di riprendere. Altrimenti
pensiamo al prossimo campionato e sperare anche
nei playoff, chissà. Il compagno più
forte con con il quale ho giocato? Ettore Marchi
proprio con il Gubbio, Alessandro Sgrigna e Antonio
Barreca ai tempi del Cittadella. Se si riparte?
Non è facile per un club ottemperare a certi
protocolli. Capisco anche che qualche presidente
si possa trovare adesso in difficoltà con
le proprie aziende. Secondo me deve intervenire
lo Stato: ci sono tante componenti che vanno tutelate,
compreso noi calciatori. Il calcio è industria,
ruota l'economia di tante persone. Perciò
vanno trovate soluzioni". Insomma, il Governo
deve cominciare a fare le cose sul serio. D'altronde
c'è chi non ha usato giri di parole. Rosso...
di rabbia. Sembra un gioco di parole, ma non è
così. Infatti il patron del Vicenza, primo
nel girone del Gubbio, Renzo Rosso, imprenditore
del marchio Diesel, nella trasmissione di Rete 4
condotta da Nicola Porro, è straripante:
"Conte è un fenomeno
da studiare, uno che riesce a farsi gli applausi dicendo che gli
altri paesi lo ammirano: parla ma non è arrivato nulla, ma tra qualche mese ci sentiremo, e
guardiamo
cosa fanno gli altri che stanno riaprendo: anche noi dobbiamo farlo, è
necessario. Non so dove vive, si vergognino. Dobbiamo aprire, altrimenti crolla l'economia, crolla il Paese.
Io sono un imprenditore serio, ho delle aziende in tutto il mondo, voi non
conoscete l'industria, la vostra sola industria è il cinematografo.
Troppa gente che parla e nessuno che decide. Se riusciamo a mettere gente sana che guidi il governo non per il
consenso, ma che porti avanti la filiera di tutte le aziende, non solo
la mia, e che sappia finanziare le piccole aziende a fondo perduto e le
altre con un sistema di credito".
• 29
APRILE 2020 Lutto
nell'imprenditoria: addio a Giovanni Colaiacovo.
Colacem, è main sponsor dal 1981
Fino
all'ultima partita contro la Reggiana (del 23 febbraio
scorso) era presente sugli spalti del Barbetti.
Da sempre tifoso del Gubbio. Imprenditore, fondatore
insieme ai fratelli (Pasquale, Franco e Carlo) della
Colacem, il primo sponsor che è comparso
sulle maglie da gioco del Gubbio (già a partire
dal 1981), presente anche negli anni della scalata
al calcio professionistico (promozione in serie
C2 nel 1987). Tutt'oggi Colacem è il main
sponsor della Gubbio Calcio, insieme alle cementerie
Barbetti. Si è spento improvvisamente così
all'età di 85 anni: Giovanni Colaiacovo era
ricoverato da alcuni giorni all'ospedale di Branca,
a seguito di un malore dal quale non si è
più ripreso. Era presidente della Colacem
Spa, una realtà industriale attiva nella
produzione di cemento, azienda creata proprio dalla
famiglia Colaiacovo a partire dal 1966. Una azienda
che si è poi allargata in tutto il mondo,
ma la sua direzione generale è ramificata
a Gubbio. E come detto, la Colacem è stato
un pezzo importante per il calcio eugubino come
sponsor a livello storico in stagioni importanti,
compreso l'anno dell'approdo in serie B della stagione
2010-2011. Il presidente Sauro Notari manda sentitamente
un messaggio di condoglianze con un comunicato che
recita così: «L'A.S. Gubbio 1910 in tutte le sue componenti nello stringersi alla
famiglia in un ideale abbraccio, esprime il proprio
cordoglio per la scomparsa di Giovanni Colaiacovo Presidente del Gruppo
Colacem uno dei due sponsor principali della società rossoblù. Giovanni
Colaiacovo non perdeva mai una gara casalinga della nostra squadra,
dopo un affettuoso ed immancabile saluto al presidente Notari con il
sorriso in volto era solito prendere posto in tribuna per assistere con
entusiasmo e passione alla gara. Lascia un grande vuoto in tutti noi».
• 28
APRILE 2020 Giammarioli:
"Con la crisi serviranno competenze. E quando
mi svaligiarono l'automobile..."
A
tutto campo con il direttore sportivo Stefano Giammarioli.
Intervista secca e senza fronzoli. Prima domanda:
il calcio riprenderà? "In serie C,
molto difficile. Non ci sono le condizioni sanitarie.
Ora la vita giornaliera non è ancora tranquilla.
Parlare oggi di calcio e di attività agonistica
è molto difficile". Un protocollo,
inattuabile, giusto? "Assolutamente. Un
protocollo molto serio, ne parlavo proprio con il
patron Notari e il fatto essenziale è il
seguente: nessun medico si vuole prendere delle
responsabilità con una malattia che non ha
un vaccino e li capisco". Appunto, Notari,
con il presidente si è parlato già
di futuro? "No. Mi sento spesso con il presidente,
ma di calcio ne abbiamo parlato solo un minuto.
Nessuno adesso può programmare un futuro.
Parlare ora di queste cose è prematuro. Con
Notari c'è una stretta di mano e una parola
d'onore già da ottobre scorso. Abbiamo limato
certe vedute e certi malintesi iniziali: c'è
stato un chiarimento sotto molti aspetti".
Perciò è tutto rimandato per lei e
per un rinnovo con Torrente in tempi più
tranquilli, giusto? "Ma è una questione
di stile. Adesso serve solo rispetto per chi sta
soffrendo. Ora serve solo silenzio". Se
il campionato si fermasse così, qual è
il suo parere? "Quando ero alla Cremonese
a nove giornate dalla fine avevamo 10 punti di svantaggio
con l'Alessandria, poi rimontammo e andammo in serie
B. Perciò dico: tolto il Monza che ha ormai
un margine consistente, Vicenza e Reggina sono seguite
da squadre agguerrite come Reggiana o Carpi oppure
come Bari o Monopoli. Se invece si dovesse stabilire
che le prime tre classificate vadano su dirette,
credo per la quarta promozione si debba decidere
tutto con un playoff anomalo da giocarsi con le
seconde e le terze classificate di ogni girone.
Ma sono dell'idea che serviranno riforme, sennò
molte squadre non riusciranno nemmeno ad iscriversi".
Nel 'Team Top Undici' votata dai tifosi sulla pagina
facebook ufficiale della Gubbio Calcio, figurano
ben sei undicesimi di calciatori che ha avuto nella
sua gestione (più Torrente), senza dimenticare
che hanno preso voti pure pedine come Lamanna o
Mario Rui che ritroviamo a giocarsi pure la Champions.
Che dire? "Complimenti per l'iniziativa,
in un periodo dove si sorride poco. Quello fu un
periodo d'oro. Tanti protagonisti. Un lavoro generale.
Dal patron Fioriti, ai dirigenti Mencarelli, Brugnoni
e lo stesso Notari che era già nel consiglio
direttivo. Un saggio e un maestro come Simoni. Succedeva
perchè facevamo un calcio con snellezza,
disinvoltura, con l'ausilio anche di Pannacci che
era il direttore generale. Torrente è stato
l'arma in più. Onestamente c'erano tanti
calciatori forti che hanno portato il nome di Gubbio
nel mondo. L'emozione più grande è
stata vedere l'immagine di Mario Rui insieme a Ronaldo
con il Portogallo. Prima era uno sconosciuto e vi
racconto un aneddoto...". Prego, dica?
"Quando arrivò la firma con Rui mi
svaligiarono l'auto con la valigia con i documenti
due ore prima del deposito del contratto a Milano.
Abbiamo rischiato grosso, però riuscimmo
a risolvere la situazione in extremis. Rui è
uno dei più forti che ho portato a Gubbio,
però mi fece soffrire le sette camice".
Con questa crisi che si prospetta, per rilanciare
il calcio in C servono più professionisti
e meno fanfaroni. Questa può essere una ricetta?
"La gestione è basilare. Se ripartirò
con Notari è basilare, ma credo che il presidente
ormai lo abbia capito. Meglio avere una rosa più
ristretta, ma investire di più sulla gestione
organizzativa. Più si abbassano le possibilità
a livello economico, a maggior ragione ci vuole
competenza. Non esiste occasione migliore per potersi
livellare con le grandi piazze. Un momento cruciale
per le piccole piazze per tornare a fare miracoli.
Servono assolutamente le competenze, chi conosce
il mestiere e società serene".
• 27
APRILE 2020 Borghese
e l'aneddoto: "Il segreto... quelle cene
a Cantiano da Sandreani". Le foto revival
Inutile
nasconderlo, la stagione che ha condotto verso la
serie B ha fatto breccia tra i tifosi. Infatti ne
esce fuori un bel gruppo di calciatori tra i più
votati nella Top 11. C'è pure un difensore,
che a volte fu schierato pure centravanti (strano
ma vero) e fece gol importanti. Stiamo parlando
di Martino Borghese, ecco cosa ci dice: "Provo
una gioia immensa rimanere nel cuore dei tifosi
di una città che ho amato. D'altronde ho
avuto un testimone di nozze eugubino come Minelli.
Ogni anno vengo con mia moglie alla Festa dei Ceri,
purtroppo quest'anno non si può e per questo
stiamo impazzendo. Ma soprattutto torno a Gubbio
perchè mi ritrovo nel mio habitat. Sono felice,
onorato di questa nuova gratitudine dei tifosi.
Credo che questa mia votazione vada divisa con tutti
i compagni di squadra di quella stagione perchè
da solo non si fa mai nulla e questo l'ho capito
con l'esperienza nel calcio. Là c'era un
gruppo e una rosa di persone formata da uomini veri.
Lo ripeto, uomini veri: ragazzi con il cuore, tutti
ragazzi splendidi". Un aneddoto? "Il
nostro segreto erano quelle belle cene private che
si organizzavano da Sandreani a Cantiano".
Tutti noi ci ricordiamo quel Borghese che faceva
il difensore, ma quando il Gubbio doveva riprendere
il risultato veniva schierato come centravanti aggiunto.
Curioso, no? "Il mister mi diceva sempre
che in attacco avevo una fame che neanche gli attaccanti
possedevano. Avevo pure la fama che riuscivo a segnare.
D'altronde Torrente lo conosco da quando avevo 13
anni perchè mi veniva a prendere per gli
allenamenti: mi conosceva a fondo e mi diceva che
quella fame l'avevo avuta sempre nelle mie corde.
Ha sempre creduto in me e si sono visti i risultati".
Appunto Torrente, ora è di nuovo a Gubbio:
"Credo che doveva tornare lì, in
una città dove ha fatto qualcosa di pazzesco:
due promozioni, il salto in B, ci ha dato tanto
il mister e ci trattò come dei figli. Credo
che la gente sia felice di averlo ancora a Gubbio
perchè Torrente ci tiene veramente alla città
e in quegli anni ha fatto qualcosa di assurdo".
Noi, in particolare, ci ricordiamo quella doppietta
finale a Monza in rimonta dal 2-1 al 2-3: incredibile
vero? "Una delle partite più belle
della mia carriera. Perdevamo per 2-1, segnai il
pareggio e mi sentivo già appagato. Invece
Torrente mi chiamò dopo il 2-2 vicino alla
panchina e mi disse: «Stai sù! Che
ne facciamo un altro!». Il gol del 3-2, gioia
immensa, che a distanza di anni si amplifica per
la sua importanza perchè è stata condivisa
con tutti i ragazzi, con lo staff, con la gente
che ci era stata accanto pure in trasferta e con
voi giornalisti. Che dire dei tifosi: un rapporto
squadra e tifoseria come in famiglia, si facevano
delle cene insieme e si beveva insieme. Tutto in
allegria, però poi quando eravamo in campo
eravamo tutti concentrati per un solo obiettivo
che era la vittoria per la città".
L'attualità ci sconvolge: stop al calcio,
una prospettiva di uno stadio che potrebbe non essere
più come prima. Un commento? "No
no, meglio non pensarci. Credo che il calcio non
riprenderà fino al 2021. La serie C soprattutto
è a forte rischio, basta un contagio e si
blocca tutto di nuovo, soprattutto se in autunno
ci sarà una nuova ondata. Perciò serve
il vaccino, è una malattia imprevedibile
e lascia complicazioni. Prima la salute
di tutti. Attenzione a non seguire il business dei soldi".
• 26
APRILE 2020 Focus.
Stadio "ripensato" con termoscanner, acquisti
solo on line e la teoria del 'no touch'
Ore
14:30 oppure ore 15. Inizia la partita, ogni domenica.
Trepidazione, novanta minuti e poi al fischio finale
c'è chi gioisce e chi impreca. E così
interviste e commenti, pure sui social, per una
giornata consueta di calcio. Opss, ci siamo sbagliati.
Non è più così. Stiamo vivendo
in un mondo parallelo. In un universo alternativo
con una realtà ben diversa. Siamo tutti immersi
in un film di fantascienza. Ma chissà cosa
pensano adesso tante persone per bene che lavorano
tra le mille difficoltà. Il modo in cui percepiamo
la realtà che era basata su stabili schemi.
Adesso, come in un conflitto, come in guerra, c'è
pure un virus che ci ha trasportato in una realtà
irrazionale e folle. Forse nel mondo moderno non
ci rendevamo conto che una certa normalità
era una realtà costruita in cui noi tutti
siamo stati plasmati. Nel momento del pericolo molti
di noi sono soggettivamente portati a credere a
ciò che vediamo senza poi fare domande. La
verità ancora ci deve essere raccontata.
Forse nel film di fantascienza toccherà a
noi salvare il salvabile. Eppure, al momento, pare
che si tratti davvero di un film. Un film che ancora
non si conosce il finale della pellicola. Tutto
un mondo è a rischio. Compreso quello del
calcio. Uno stravolgimento generazionale, improvviso,
che creerà un solco indelebile con il passato.
Nessuno ne parla, ma sorge spontanea una domanda.
Come si vivranno gli stadi dopo la pandemia? Un
aspetto non di poco conto che va preso da subito
in considerazione quando si parla di una possibile
ripresa. Una indagine interessante, portata avanti
dal quotidiano "Il Fatto Quotidiano",
in base ad uno studio correlato dal Fenwick Iribarren
(uno degli studi più importanti a livello
nazionale di architettura), mette in chiaro alcune
prospettive future che ad oggi risultano inquietanti.
Almeno per come eravamo abituati fino adesso. Ci
vorrà tempo prima che la nostra mente si
potrebbe abituare, ammesso poi che per qualcuno
sia ancora plausibile andare in uno stadio in certe
condizioni. Ma non vogliamo tenervi sulle spine.
Ecco cosa ci potrebbe aspettare nel prossimo futuro.
Tutti gli stadi dovranno essere ripensati in serie
A, figuriamoci in serie C. Mentre per qualche impianto
più attrezzato si potrebbe trattare di un
semplice maquillage, per altri si parla di ristrutturazioni
profonde. Tutto ciò cosa significa in concreto?
In pratica tutto dovrà ruotare su tre punti
fermi, assoluti, imprenscindibili: controlli, distanziamento
e automatizzazione per evitare i contatti. Insomma,
ecco cosa cambierà. All'ingresso dello stadio
tutti i tifosi dovrebbero essere sottoposti al controllo
della temperatura corporea con uno scanner facciale.
La fruizione dello stadio dovrà comportare
file enormi perchè ognuno dovrà essere
distanziato di almeno un metro l'uno dall'altro.
Le novità più sconvolgenti tuttavia
riguardano l'interno dell'impianto e questo farà
di sicuro molto discutere: la capienza potrebbe
essere ridotta addirittura fino al 15% perchè
si dovrà garantire degli spazi tra uno spettatore
ed un altro con un concetto ben preciso denominato
'No Touch' (il 'non toccarsi'). Uno stadio senza
tifo? Allora che stadio sarebbe, tutti distanziati,
e poi come funzionerebbe in una curva degli ultrà?
Ma non è finita. Non si potranno
utilizzare banconote, il tutto dovrà essere
fatto on-line, sia per l'acquisto dei biglietti,
sia per l'acquisto di bevande e/o cibo allo stadio.
Le toilette autopulenti e tutte
munite di dispenser automatici di sapone igienizzante. Senza
dimenticare gli interventi continui, tempestivi,
costosi per la manutenzione dell'impianto. C'è chi è ancora convinto che andrà
tutto bene? Scordiamocelo. Non andrà tutto
bene!
• 23
APRILE 2020 Notari:
"Un protocollo non attuabile nell'attualità.
Le aziende stanno soffrendo, serve riaprire"
Calcio
sì, calcio no. Si riparte oppure no. Lockdown,
imprese in sofferenza, il futuro. Tanta carne al
fuoco. Ne parliamo con il presidente dei rossoblù
Sauro Notari, imprenditore delle acque minerali
Siami. Quindi, questa serie C, riparte? "Sono
dell'idea che almeno per quest'anno non si riprende.
Si può dire che in Umbria la situazione coronavirus
è lieve e sta migliorando. Però qua
ci sono ancora regioni che soffrono la situazione
del virus, quindi predico cautela. Credo che la
migliore soluzione è quella di fermarsi.
La ripresa va fatta solo nel caso in cui ci sarà
la massima sicurezza". Stilato un protocollo
per riprendere, per molti risulta proibitivo, secondo
lei? "Assolutamente, non ci siamo. Vi chiedo,
chi è in grado di farlo? Chi è preparato?
Solo alcune squadre in serie A possono adempiere
a certe regole. Pertanto le società minori
come le nostre sono senz'altro penalizzate, non
ci sono le strutture adatte e non c'è nemmeno
il tempo materiale per prepararsi. Nell'attualità
molte società non sono all'altezza per seguire
certi protocolli". Perciò qual è
il suo parere per i verdetti finali, le prime tre
dei gironi (Monza, Vicenza, Reggina) promosse in
B e la quarta va ripescata? "Non sono d'accordo
per un ripescaggio. Non penso sia logico. Una seconda
classificata non può considerarsi a pari
livello di una ottava o nona classificata. Si possono
valutare altre soluzioni, ma non questa a mio avviso.
Però dico: giusto mandare su Monza, Vicenza
e Reggina. Ma se si deve fare per forza un sorteggio
ho una idea: prendere le tre seconde classificate
di ogni girone (Carrarese, Reggiana, Bari ndr) e
potrebbe salire solo una di queste. Capisco però
che ci potrebbero essere dei ricorsi e le carte
bollate. Perciò la decisione va ponderata
e votata a maggioranza". Il presidente
Renzo Rosso del Vicenza ha lanciato un allarme dicendo
che se l'industria e l'imprenditoria non riprende
ci sarà una crisi senza eguali per il lavoro.
Massimo Cacciatori ci ha detto che la quarantena
non deve protrarsi troppo a lungo perchè
si potrebbe aprire una crisi più profonda
a livello economico. Posizioni nette, lei che ne
pensa? "Infatti, questo è il problema
più grande. Ripercussioni inevitabili per
aziende chiuse verso mercati italiani ma anche verso
l'estero. Perciò mi auguro che il governo
valuti bene tutto: ok la salute, però devono
stare molto attenti all'imprenditoria. Cioè,
se continua il blocco delle aziende peggioreremo
le cose. Molti settori stanno subendo, dal turismo
all'alberghiero, dal vestiario al manufatturiero.
L'unico settore che soffre di meno è quello
agro-alimentare. Ma se non gira l'economia è
un serio problema. Questi famosi 600 euro, tante
domande sono state scartate. Sono d'accordo con
il presidente Rosso quando dice che serve meno burocrazia
e un sostegno economico fluido come avviene in altre
nazioni. Non faccio politica perchè la seguo
poco e non entro in merito. Però voglio dire
che certe cose le può capire solo chi si
trova al di dentro a certe dinamiche imprenditoriali
e non può decidere chi non conosce certe
realtà. Le aziende devono riaprire, con le
dovute accortezze: portano lavoro e fanno girare
il denaro, è tutto una catena e solo così
ci si può riprendere. La scienza è
importante, si deve trovare il vaccino. Ma bisogna
sconfiggere pure il virus visibile della crisi economica,
altrimenti sono problemi...".
• 22
APRILE 2020 Coda:
"Situazione irreale, all'inizio è
stata dura. A Gubbio inizio problematico, poi invece..."
Nel
quartier generale domestico ormai è risaputo
che ogni calciatore e ogni individuo italiano è
relegato da quasi due mesi. In attesa del risveglio
della libertà. Su questa scia si accoda...
Coda. A parte il giro di parole, ecco cosa dice
il difensore Andrea Coda tramite Skype (dal canale
social ufficiale): "Cerco di rilassarmi
a cucinare perchè mi piace, ma è stata
dura all'inizio essere così chiusi come in
un bunker. Bisogna stare dietro ai bambini perchè
lavorano a scuola on-line, situazione irreale per
loro. Difficile allenarsi, soprattutto a livello
aerobico". Una quotidianità stravolta
per tutti. Il calciatore di Massa poi parla di calcio,
racconta alcuni aneddoti della carriera negli anni:
"Quando ero a Empoli da giovane c'era l'allenatore
Mario Somma nel 2004: facevamo tante riunioni al
giorno, lezioni con il Subbuteo e con il laser,
come mentalità era molto avanti perchè
lavorava anche a livello psicologico. Sicuramente
Somma è l'allenatore tra i più preparati
che ho mai avuto. Oggi vedo tanti allenatori con
carisma, ma lui già insegnava 16 anni fa
così. Ebbe il coraggio di farmi giocare titolare
tra tanti compagni che erano più anziani.
Fu la mia fortuna per la carriera: andammo in serie
A e proprio io segnai il gol della promozione. Ho
fatto così 12 anni di serie A pure con Udinese,
Livorno, Parma e Sampdoria". Tanti attaccanti
forti da marcare, giusto? "Voglio dire ho
incontrato Tevez, Cavani, Ibrahimovic, Kakà
quello vero del Milan, Ronaldinho e Totti. Tutti
fuoriclasse. Però mi ricordo bene Pellissier
che dieci anni fa a marcarlo ci voleva il fucile.
Mi ricordo pure Inzaghi che sembrava innocuo e poi
se gli concedevi una mezza virgola ti puniva. Se
andiamo nel dettaglio lo strapotere fisico che ha
Ibrahimovic non ce l'ha nessuno. Per me è
stato un onore marcare certi calciatori e che calciatori.
Sono sincero, oggi il livello è calato, quella
volta c'era gente ma forte forte". A Gubbio
nell'attualità? "Quando sono arrivato
c'erano tanti problemi sotto tanti punti di vista, diverse
problematiche nello spogliatoio. Poi abbiamo
raggiunto l'amalgama giusta, pure io sono entrato
in forma. Abbiamo ritrovato compatezza e per me
la squadra è valida. Un peccato il coronavirus
perchè adesso potevamo rompere le scatole
a chiunque". Intanto il patron del Vicenza,
Renzo Rosso, ospite a 'Porta a Porta' da Vespa martedì
sera, lancia un allarme: "Dovremo convivere con il Coronavirus,
necessario creare le basi per riaprire. Bisogna
dirlo: il virus causa molti
morti, ma se continua così ce ne saranno molti anche se non riapriremo le aziende. Ora
guardate come si comportano la Cina e la Corea:
loro sanno, ci sono già passati. Finora non
c'è stato nessun sostegno all'economia dal
governo, nemmeno un euro, mentre in America dopo
tre giorni si hanno i soldi: qua troppi documenti,
là è tutto più fluido. Sì,
sono preoccupato: fra sei mesi non ci saranno posti di lavoro e
non so a chi spiegarlo".
L'articolo su Trivenetogoal.it.
• 21
APRILE 2020 Cacciatori:
"Anni meravigliosi. Di Felice come Baggio
e gli applausi di Terni. E pure da ala..."
Nella
Top Undici tra i più votati dai tifosi nel
sondaggio social dell'As Gubbio 1910. Il primato
è andato a Massimo Cacciatori in porta. Chissà
cosa ne pensa. Eccolo allora, cosa ci dice: "Mi
gratifica molto. Sono orgoglioso perchè Gubbio
la considero come il coronamento di una bella carriera
terminata nel migliore dei modi. In una città
che sportivamente in quegli anni lì (fine
anni '80) mi ha dato tanto". Tra gli undici
scelto un suo ex compagno, Candido Di Felice, che
ne pensa? "Che dire, Candido: non mi va
di fare dei grandi paragoni, però per dare
un'idea ai più giovani poteva essere considerato
il Roby Baggio che tutti abbiamo conosciuto: tecnica
incredibile, ottima visione di gioco, calcio splendido
e pure un grande specialista nelle palle inattive.
Calciatore completo, veramente bravo, ad oggi potrebbe
giocare in serie A a livello di tecnico, anche se
nel calcio moderno si viaggia a tripla velocità
e c'è più fisicità".
Torniamo a parlare di Cacciatori: Claudio Crespini
ci ha detto che lei era un portiere vent'anni più
avanti per come intendeva il ruolo, ma era così?
"Lo ringrazio, ma è molto vero. Vi
svelo infatti un aneddoto". Prego, dica?
"Quando avevo 13 anni giocavo in due
ruoli: mi mettevano ala destra il primo tempo e
nella ripresa quando vincevamo facevo il portiere.
Però mi piaceva stare più in porta
e da lì andai alle giovanili dell'Ascoli.
Perciò calciavo bene, con tutti e due i piedi,
non avevo paura neppure dell'uno contro uno. Ma
vi dirò di più...". Prego,
dica? "Quando andai all'Inter di Heriberto
Herrera (che poi ho avuto alla Sampdoria), nel precampionato
ero il terzo portiere e mi fece giocare davanti
in una partita amichevole e feci pure gol. Il primo
gol della stagione lo feci io". Davvero
curioso. Appunto Inter, Sampdoria, Lazio e poi perchè
è finito a Gubbio? "Volevo smettere.
Il vice-presidente di allora della Lazio, Parruccini,
ero un socio di lavoro del presidente Vispi e da
quel momento c'è stato davvero un vero corteggiamento.
Alla fine mi hanno convinto. Dovevo fare solo una
stagione e invece giocai per quasi quattro annate
in rossoblù". Quei tempi, un suo
ricordo? "Penso agli spareggi di Senigallia
con Vis Pesaro e Riccione, da li capì
che eravamo arrivati vicino al traguardo
e perciò volevo completare l'opera. Una volta
in serie C continuai, ma poi decisi di smettere:
avevo dietro Riommi che era un ragazzo interessante
e quindi ho detto basta". Tutti si ricordano
la grande parata con un salto da leopardo sotto
il sette su tiro di Di Prete nello spareggio poi
vinto a Perugia davanti a ventimila persone, pure
quei derby ricchi di suspence con Perugia e Ternana.
Lei cosa ci può dire? "Posso raccontarvi che a Terni uscivo sempre scortato
con Sampdoria e Lazio. Invece nel 1988 con il Gubbio
vincemmo 4-1 e alla fine ci applaudirono: ho pensato,
qui ci voleva il Gubbio per uscire senza scorta dal
Liberati. Anni meravigliosi, li ricordo con tanto
affetto, gli eugubini mi sono rimasti nel cuore".
La foto di Cacciatori è datata
30 maggio 2006 nel priccolo riquadro, fu da noi scattata in Piazza Grande.
Purtroppo, quest'anno, niente Festa dei Ceri: "Maledetto coronavirus, sta devastando un po' tutti.
Ricordo con piacere la festa. All'inizio ero un
po' scettico e dicevo: «ma questi sono tutti
matti». Invece poi entrando nello spirito
della città e degli eugubini capisci tante
cose, sotto tanti punti di vista. Mi sono calato
anche io in quella realtà". Ultima
domanda: è giusto riprendere o no il calcio?
"Priorità alla sanità indubbiamente.
Però sono perplesso". Cioè?
"Troppo eccessivo, si sta andando
oltre: giusto contrastare il virus, però
una volta che si rispettano le regole è giusto
una uscita graduale. La quarantena così infinita
sta distruggendo tutto, in primis l'economia. Non vorrei che dopo l'epidemia si apra
la strada ad una crisi ancora più grave e profonda".
• 20
APRILE 2020 Crespini:
"Meglio pensare al prossimo campionato.
A Pesaro è stata dura. E quei quattro ex..."
Nel
girone, una delle città più martoriate
dal Coronavirus. Stiamo parlando di Pesaro. Ne parliamo
con il direttore sportivo dei vissini, Claudio Crespini,
tra l'altro ex Gubbio. Ecco il suo stato d'animo:
"Che dire, stiamo tutti a casa: guardo giornalmente
le partite sulla piattaforma Wyscout, ormai ho finito
quasi tutte le partite a forza di guardarle".
Come dire, si tiene sempre aggiornato, sempre sul
pezzo, nonostante la clausura forzata. In Marche,
una situazione seria, vero? "É stata
molto dura. Siamo stati lì con i ragazzi
finchè non c'è stato il rompete le
righe della federazione e da lì si è
capito che questo campionato non si sarebbe finito.
Perlomeno fino al 30 giugno. Pesaro è stata
molto colpita. Ma tutta l'Italia ha subito la situazione.
C'è preoccupazione nel calcio, ma soprattutto
di quello che saprà fare il paese e di quanto
durerà questa pandemia che sta mettendo a
dura prova tutti: stare dentro casa ad oltranza
a livello psicologico è una situazione molto
difficile". Pertanto, lei concorda con
il fatto che è impossibile riprendere, da
quanto possiamo capire, giusto? "Sicuramente.
Parlare di calcio non è possibile quando
ancora ci sono 400 morti al giorno. Ho visto pure
il protocollo medico: posso capire che la serie
A tenti, ma dubito che in B si possa seguire. Questione
di costi, troppo elevati: dal punto di vista economico
per la C diventerebbe devastante. Ci sono
altre priorità primarie, anche per un medico
stesso. Dico allora: azzeriamo questo campionato.
Dopo di chè, pensare al prossimo perchè
non si sa ancora quando potrebbe incominciare. Qualche
virologo afferma che in autunno ci potrebbe essere
un ritorno del Coronavirus. L'idea di Galliani di
cominciare il prossimo campionato a gennaio 2021
e di finire questo in serie A o dove si può,
non sono pensieri sbagliati. Sono d'accordo sul
fatto che più tardi cominciamo l'anno prossimo
e meglio è, perchè i campionati vanno
iniziati in sicurezza. Non sono d'accordo che si debba finire il campionato di serie C perchè ci
sono protocolli inattuabili. Con
le difficoltà attuali, dal punto di vista
economico e medico, ricominciare è utopia: si va
contro l'etica e la morale, il campionato non può essere ripreso.
Ma è chiaro e sacrosanto però che il Monza, Vicenza
e Reggina devono salire in serie B perchè
hanno un vantaggio notevole. La cosa più giusta
che ha detto Ghirelli è
di fermare tutto. Perciò azzerare le retrocessioni. Non
ci sono le condizioni etiche e sportive per proseguire".
Un pensiero deciso, basato sul fatto anche che c'è
stato un calciatore contagiato in squadra? "Assolutamente
sì. Una città che ha avuto più
di 200 morti, ospedali pieni, sono decedute anche
persone dell'Università di Urbino. La situazione
è stata drammatica". Parliamo di
calcio. Nel Top 11 rossoblù figurano quattro
calciatori quando lei era diesse a Gubbio. Un suo
commento? "Sandreani lo presi dal Cagli,
è molto attaccato al territorio: mi ricordo
che lo avevo venduto al Rimini del grande presidente
Bellavista, ma lui non ha voluto: è diventato
un valore importante per Gubbio, già quelle
volte meritava di giocare in serie B. Giacometti
era il capitano: un generoso e un ragazzo splendido. Lazzoni
era una persona di grande affidabilità: un
soldato in campo. Mattioli il più estroverso
di tutti, tecnica e velocità, uno scugnizzo.
Quattro bravi calciatori e bravi ragazzi".
Forse manca Cipolla? "Ma nella top c'è
gente come Galano, Gomez e Marotta che vinsero dei
campionati. Però Cipolla era veramente forte: ha vinto
i campionati fino a 45 anni". Votati pure
Di Felice e Cacciatori, oltre Bartolucci e Borghese, quindi? "Tanta roba, oggi è
una squadra da primi
tre posti e... sono stato prudente. Con Cacciatori
ci giocammo contro quando ero ad Urbino: un uomo
di grande carisma, un portiere che ti ipnotizzava,
con personalità: era vent'anni avanti come
intendeva il ruolo, un precursore di quello che
è il portiere oggi".
• 19
APRILE 2020 L'editoriale.
Il calcio è finito... uno scenario mai visto!
E il "servilismo" non è accettabile!
Niente
sarà più come prima. Riprendere il
calcio non è semplice. Uno scenario mai visto.
Se qualcuno si illude che sia diversamente si deve
scontrare con la dura realtà. Viene confermato
da un protocollo che solo a leggerlo fa venire i
brividi. Oltre al fatto che viene rivelato che questo
virus lascia ai guariti dei danni a livello miocardico
(nel 25% dei casi accertati). Guardare il link.
Non è solo una questione di sanificazione
o supporto con delle mascherine, screening o tamponi.
C'è un discorso anche pratico. Distanze di
due metri negli allenamenti in campo, negli spogliatoi
e sala massaggi (con operatori bardati come dei
palombari). Non sarà possibile fare docce.
Fattibile? Abbiamo qualche dubbio. Poi servirà
un medico disponibile 24 ore su 24 (sempre attivo),
in caso si va nei ristoranti solo cibo self-service
e in albergo previste solo camere singole. Percorsi
separati per addetti al campo, massaggiatori o magazzinieri.
Per non parlare inesorabilmente delle responsabilità
delle società che devono impegnarsi a rispettare
nel dettaglio tutte le disposizioni, pure l'igiene
personale di ogni singolo calciatore. Fattibile?
Lasciamo a voi ogni riflessione. Senza dimenticare
che si sta parlando che gli stadi rimarrano chiusi
fino a dicembre. Senza contare poi che il calcio
è uno sport di contatto, con agonismo elevato.
Questo è calcio? Non crediamo proprio. Inutile
nasconderlo. Questo non è calcio. Tutte le
emozioni, il tifo, l'aria che si respira sul campo
giocato, l'atmosfera che si crea, l'esultanza o
la passione. Tutte componenti che vanno a farsi
benedire. Niente sarà più come prima.
Andrà tutto bene? Siamo realistici. Nel calcio
andrà a disgregarsi quel tessuto sociale
che c'è intorno, con ritiri lontani dal mondo
e tutti distanti (almeno di un metro). Sembra una
battuta, ma non lo è. Ma d'altronde si viaggia
a vista. Come nel paese dei balocchi. Basta guardare
cosa succede ai vertici di un paese con tante voci,
incongruenze e incoerenze. Oltretutto qua nessuno
si prende la responsabilità di chiedere i
danni fattivi di questo virus. Negli Stati Uniti
d'America con l'ausilio delle imprese è partita
la prima "class action" che chiederà
a Pechino un maxi-risarcimento. Si è mossa
pure l'India che ha depositato presso l'ufficio
dei diritti umani una richiesa di azione legale
alla Cina per crimini contro l'umanità (così
scrive 'La Stampa'). Senza tralasciare la perdita
di tante vite umane. L'Italia, la nazione più
colpita in Europa, non si muove affatto. Esce fuori
la parte peggiore dei governanti. Quella parte autolesionista
di servilismo verso una dittatura. La politica deve dare risposte e
invece piega gli interessi degli italiani. Ma allora
i danni incalcolabili verso i cittadini, chi li
paga? La gente deve sapere la verità.
• 18
APRILE 2020 Focus.
Così... il campionato non riparte. Protocollo
inapplicabile e la grana "responsabilità"
Ci
sarebbe un protocollo della federazione calcistica
che è stato inviato al Ministero della Salute
per la ripresa degli allenamenti ma in particolar
modo (quello che tutti vogliono sapere) per capire
quali ad oggi potrebbero essere le direttive per
una possibile ripresa del campionato. A quanto pare,
per gli allenamenti, si parla del 4 maggio ma ci
saranno da mettere sul tavolo tante accortezze per
lavorare in tutta sicurezza. In evidenza il fatto
che i calciatori dovranno essere monitorati in maniera
costante e tutti i contatti con l'esterno devono
essere azzerati. Adesso, è da capire, se
ognuno può farlo nel suo centro sportivo
oppure in una zona prestabilita dove ci sia una
struttura in grado di essere sanificata in piena
regola. Tutto questo viene scritto in anteprima
dal sito Ansa.it. D'altronde sorge spontanea una
domanda. In questo paese finora non si hanno tamponi
a sufficienza per medici, infermieri e malati sintomatici.
Pertanto per lavorare in totale sicurezza si dovrebbero
fare dei tamponi a tappeto su tutti i calciatori
e tutta la gente che ruota intorno al calcio. Oltretutto
si parla di poter iniziare facendo fare dei test
specifici: quello molecolare rapido e sierologico,
un'anamnesi accurata, visite cliniche ad hoc ed
esami del sangue. Chiaro che in tal caso per ogni
società si deve decidere di mettere mano
da subito nel portafoglio. Oltretutto si parla di
ritiri blindati, ovvero utilizzando strutture in
modalità permanente e chiusa. In pratica
questo procedimento in serie C potrebbe diventare
inapplicabile. Basti pensare ai costi, tutt'al più
sono inaccessibili se ad esempio una intera squadra
(con staff) dovrà restare chiusa in un albergo
per almeno 40 o 60 giorni. Inapplicabile perchè
molti presidenti in serie C devono portare avanti
delle aziende già provate dall'emergenza
del virus e gli stessi dipendenti sono finiti tutti
in cassa integrazione. Senza considerare, tra l'altro,
che non sono previsti introiti in quanto sicuramente
le partite si giocheranno tutte a porte chiuse in
caso di ripresa. Ma il problema più grande
è un altro, non di poco conto. Nel decreto
'Cura Italia' c'è un articolo che mette in
ulteriore difficoltà i club. In pratica l'articolo
42, comma 2, recita che prevede la registrazione
dei lavoratori (in questo caso calciatori) che vengono
contagiati dal Coronavirus come infortuni sul lavoro.
Una responsabilità notevole per tutti i datori
di lavoro (in questo caso le società calcistiche)
perchè, seppur adottando tutte le misure
per evitare il contagio, se un dipendente dovesse
contrarre il virus sarebbe la società stessa
ad essere poi responsabile a prescindere dalla situazione
con la quale si è venuta a creare. Osservazione
saggia che è stata descritta da Tuttoc.com
dal giornalista Luca Bargellini. Chiaro che nessuno
vorrebbe ora prendersi questo rischio ulteriore.
Pertanto, ci sembra pure logico, che tante società
stanno spingendo per chiudere la faccenda senza
riprendere il campionato. Con una proposta sul tavolo:
promosse in serie B le tre prime classificate dei
tre gironi (in tal caso Monza, Vicenza e Reggina),
più una quarta che dovrebbe essere selezionata
tramite sorteggio. Possibile un blocco delle retrocessioni.
Adesso è solo una ipotesi. Ma può
essere fattibile e lo stesso presidente Ghirelli
a Tuttoc.com è categorico: "Una risoluzione
comune verrà esaminata. Purtroppo il clima
di sofferenza è enorme".
• 16
APRILE 2020 Alex
e Max, duo inossidabile. Sandreani: "Capitano
del popolo". Lazzoni: "Ma era naturale..."
Nella
Top 11 votata dai tifosi sui social ufficiali del
Gubbio, fanno parte un duo di mediani (quantità
e di qualità) che hanno giocato per diverse
stagioni insieme. Ci abbiamo parlato. Partiamo dalla
bandiera, Alessandro Sandreani, per dodici anni
in maglia rossoblù, che si mostra saggio
anche in questa fase difficile: "Purtroppo
adesso non comandiamo noi, ma il virus. Ma tutto
può servire per riscoprire i veri valori".
Come dargli torto. Questa votazione? "Diciamo
che tanti sacrifici e qualche rinuncia alla fine
ripagano sempre. Dodici anni in campo in rossoblù
non sono pochi, con momenti belli e pure brutti,
questo per non dimenticarlo. Sono onorato di essere
stato parte integrante della storia del Gubbio".
D'altronde tutti i tifosi riconoscono che Sandreani
è stato un punto di riferimento sia dentro
che fuori dal campo per umiltà e dedizione:
"Diciamo che Gubbio è casa mia, è
vicina alla mia Cantiano. Ho avuto la fortuna di
essere in simbiosi con il popolo eugubino. Questo
è il lato che mi ha dato davvero le maggiori
soddisfazioni: sono stato considerato il capitano
del popolo. Ho sempre vissuto per gli idoli patriottici,
nel mio piccolo ho cercato di scrivere la mia storia
a Gubbio". La gioia più grande il
doppio salto per finire in serie B? "Dico
la verità? Per me ci sono 12 anni di vissuto:
si ricordano le cose belle, però nel mio
interiore ricordo tutto il percorso a partire dal
2002. In quegli anni lì ci accontentavamo
dei playoff in C2. Avevo avuto tante richieste per
andare via (tra le quali Rimini e Padova ndr), ma
mi sono considerato un pazzo: quella pazzia di fare
tutto con il Gubbio. Anni belli con Galderisi e
Castellucci, anni di sofferenza dove però
si venivano a conquistare salvezze tra cui quella
con Alessandrini che fu miracolosa. Poi è
chiaro che si ricordano gli anni con Torrente perchè
furono esaltate le mie qualità. Ma ricordo
anche quelle salvezze che non erano così
scontate: avevamo delle lacune e la faccia ce la
mettevano sempre i soliti noti". Ah proposito,
di soliti noti: con Max Lazzoni, voi due in coppia
per sei stagioni intere, sempre i primi ad arrivare
agli allenamenti come esempio verso tutti? "Fu
il mio punto di riferimento quando arrivai a Gubbio,
anche fuori dal campo: era un idolo dei tifosi,
mi ha dato tanto, ci coniugavamo perchè
in campo avevamo la stessa tempra e lo stesso carisma.
Un grande amico, ci sentiamo spesso e ho una certa
venerazione per lui: è stato un calciatore
molto importante per il Gubbio". Nella
Top undici, Torrente come allenatore? "Vincenzo
ha segnato la storia: cocktail unico, lui e Stefano
Giammarioli sono riusciti a tirare fuori il massimo
da tutta la squadra, e lo facevano con tanta semplicità,
tanto lavoro e organizzazione. Ma Torrente lo sta
dimostrando anche ora, eppure è stato pure
lui messo in discussione: ci vuole pazienza nel
mondo del calcio perchè fa la differenza".
Tocca allora a Max Lazzoni (per otto stagioni in
rossoblù). Dice: "Bella soddisfazione
essere stato votato, la gente si ricorda ancora
di me. Il mio gol più bello quello su rigore
contro il Gualdo perchè ci fece vincere il
derby nel 2000. Anni belli, con gruppi solidi. Incontrammo
pure la Sangiovannese di Sarri. Alessandrini fu
quello che ci tirò fuori il meglio di noi
per carattere, determinazione e passione. Sandreani?
Sei anni insieme, tanti, siamo diventati subito
amici: in campo ci ritrovavamo in maniera naturale,
eravamo due mediani in un momento dove si giocava
ancora in due in mezzo al campo a Gubbio, dovevi
saper contrastare e ripartire allo stesso tempo.
Poi cambiò tutto con lBeoni (4-3-1-2
ndr) e con Torrente (4-3-3 ndr). Torrente è
nella Top
11? Giusto: ha lasciato il segno con promozioni
entusiasmanti fino alla B. Ed ora sta facendo bene,
sta portando il Gubbio alla salvezza".
• 15
APRILE 2020 De
Silvestro: "Quando ero Silveiro".
Stilata la Top Undici ideale rossoblù votata
dai tifosi
Calciatori
del Gubbio che parlano solo via social, blindati
nelle loro abitazioni. Cosi è, così
si devono tutti adeguare. Parla l'attaccante esterno
Elio De Silvestro tramite il canale ufficiale della
società e la butta sul ridere: "Una
giornata senza un attimo di tregua, piena di impegni
e non ho il tempo nemmeno per stendermi sul divano".
Ovviamente il calciatore laziale usa l'ironia per
poter abbattere tutte le brutte sensazioni che si
provano in questo periodo. De Silvestro ha aggiunto:
"Torno serio. Dopo il mio brutto infortunio
in campionato che mi ha fermato per mesi, ora cerco
di farmi trovare pronto quando si potrà riprendere.
Chiaro che un conto è allenarsi da solo a
casa e un altro è allenarsi con il resto
del gruppo al campo". Esce un aneddoto
impensato, lo racconta senza peli sulla lingua:
"C'era la Roma che si era interessata a
me, d'altronde era vicino casa. Alla fine però
venne fuori la Juventus ed essendo io juventino
ho scelto di essere bianconero. Per dissuadere la Roma
alla quale avevo già dato la parola, con
la Juve feci un provino in un torneo in provincia
di Bergamo sotto falso nome. Questo perchè
c'era la stessa Roma nel girone, però se
ne sono accorti. Che cognome mi avevano messo? Silveiro".
Da ridere, un nome alla brasiliana. Ma ci fu pure
una esperienza con Conte con una tourneè
negli Stati Uniti d'America: "Emozionatissimo,
non potete immaginarlo. Ho passato due mesi senza
dire una parola. Sono timidissimo. Cominciai a parlare
solo quando arrivò Immobile che già
conoscevo. Tutti campioni, facevo fatica ad abbracciare
Del Piero quando segnava. Ma lo stesso Del Piero
mi aiutò: avevo finito la ricarica del mio
telefonino, lui mi disse che se dovevo chiamare
casa bastava andare da lui in camera. Persona eccezionale,
a parte il campione che era. Esperienza che mi ha
temprato". Ha parlato pure il capitano
Nicola Malaccari con Rtv San Marino via Skype: "Mi
mancano lo spogliatoio, il pubblico, lo stadio, il
campo, speriamo di rifarlo presto. Mi sembra insensato
tagliare gli stipendi a gente che poi guadagna 1200
euro qal mese". Come si può vedere
nel link.
Intanto si sono concluse le votazioni per
decretare la squadra Top 11 ideale rossoblù (indette
dal canale facebook della società, su iniziativa
dell'addetto stampa Massimiliano Francioni) e in
un ipotetico 4-2-3-1 ecco la formazione base. Cacciatori
in porta. Difesa a quattro con Bartolucci, Borghese,
Giacometti e Mattioli. Duo di centrocampo con Lazzoni
e Sandreani. Trequartisti con gli esterni Galano
e Gomez, rifinitore Di Felice. Come centravanti
Marotta. Come migliore allenatore è stato
votato Torrente (davanti a Landi). In panchina invece
Lamanna,
Rizzo, Mario Rui, Briganti, Bruni, Boisfer, Cocciari,
Parisi, Ferretti, Zoppis e Clementi. Ecco di seguito
lo scacchiere raffigurato con la grafica.
• 14
APRILE 2020 Di
Felice: "Da brividi... cari eugubini, grazie.
A Gubbio come in famiglia. L'aneddoto e i gol..."
Alle
prime armi del sito Gubbiofans.it, in un sondaggio
con i tifosi, fu nominato migliore calciatore del
Gubbio. Nel 2000 era stato proclamato giocatore
rossoblù del secolo. Adesso, nella Top 11
promossa dal club dell'A.S. Gubbio sui social (facebook)
per promuovere la squadra ideale, trova di nuovo
posto un fantasista (classe 1957, di L'Aquila) che
fece sognare l'intero popolo eugubino con quelle
giocate che non si dimenticano facilmente. Stiamo
parlando di Candido Di Felice, ci abbiamo parlato,
cosa ci ha detto in esclusiva: "Sì,
ho saputo, ma che bello. Ho letto pure su Il Messaggero
con l'articolo scritto da Boccucci che mi riguarda.
Non nego che mi vengono i brividi sapere che sono
ancora ricordato così tra la gente. Sono
orgoglioso di avere indossato questa maglia, esperienza
che resterà sempre nel mio cuore".
Ne è nato un dibattito su facebook sul profilo
di Leonardo Argentina, allenatore delle giovanili
rossoblù, che non conosceva chi era Di Felice:
"Sì sì, è un'emozione
grandissima. Tutta la mia famiglia ancora ricorda
con piacere Gubbio (dal 1987 al 1989). Sono stato
bene ovunque, ma a Gubbio è stato eccezionale:
la gente era cordiale, come in una famiglia".
Nel 2016 ci fu il grande galà eugubino dove
ci fu la rassegna dei migliori personaggi del calcio
rossoblù, pure Di Felice fu presente: le
sue sensazioni? "Fui acclamato, che dire...
stupendo. Non è retorica quello che dico:
ho potuto del resto ritrovare il presidente (Vispi
ndr) e tanti ex compagni. Faccio fatica a trovare
le parole. Mi sono trovato a casa". Un
aneddoto, quando in una amichevole contro il Bari,
il Gubbio vinse per 3-0 e l'allora patron barese
Matarrese chiese chi era quel numero 10. Quando
gli dissero che si chiamava Di Felice e aveva 30
anni, rispose che era un peccato. Cosa c'è
di vero? "Tutto vero, certamente. Feci davvero
una grande partita, ma con l'apporto dei compagni:
sono stato fortunato, c'erano dei calciatori che
non solo lavoravano e correvano per me, ma per tutta
la squadra. In quell'occasione furono bravi il tecnico
Landi e la società che assemblarono una ottima
squadra, a partire dal portiere Cacciatori: proprio
tutti ci volevamo bene". Noi ci ricordiamo
ancora quel gol al Lanciano di pallonetto, con il
cucchiaio, di destro, alla Totti, con la palla che
non sembrava entrare mai in rete e poi si infilò
come una piuma sotto il sette. É questo il
gol più bello in rossoblù? "Sicuramente
questo, ma due in particolare. Pure quello contro
la Jesina nel 3-2". E come no? Un gol d'alta
scuola, ma lo racconti lei: "Un avversario
davanti lo saltai con un pallonetto, arrivò
un altro avversario e feci di nuovo un pallonetto,
poi sempre tutto al volo calciai di destro da fuori
area e insaccai la palla nell'angolino".
Chapeau, in tribuna tutti a stropicciarsi gli occhi.
Parliamoci chiaro, quelle giocate, alla palla si
dava del tu: oggi, talvolta, c'è pure qualcuno
che non sa stoppare la palla. Cosa può essere
cambiato? "Altra generazione: da bambino
io stavo sempre in strada, giocavo e palleggiavo
con altri compagnetti, partitelle di continuo. Per
me era una passione. Ora, forse, c'è più
benessere, un giovane ha altri svaghi. É
raro vedere ragazzi giocare nei prati. Ma c'è
un rammarico...". Prego, dica? "Avevo
delle doti, forse non le ho sfruttate al massimo
perchè a sentire i commenti di allora potevo
giocare pure in serie A, però non è
mai successo. Credo che oggi è più facile
per un calciatore scalare le categorie".
Ma quella squadra, aggiungiamo noi, era molto forte,
è d'accordo? "Le categorie più
basse di allora erano più forti. Era un calcio
più tecnico. Oggi si pensa più al
fisico e alla tenuta atletica". Un calciatore
che ricorda volentieri? "In particolare
Luiu e Giovannico, con loro era pazzesco: come tre
fratelli, ci aiutavamo a vicenda sempre".
Ultima parentesi: i tifosi, quella curva sud
piena di oltre 7000 eugubini nel derby a Perugia
nel 1987, un calcio che oggi sembra d'altri tempi.
Che dice? "Infatti mi riguardo tutte le
cassette. Era tutto pieno. La gente non vedeva l'ora
che arrivasse la domenica. A quei tempi era tutto
più bello".
• 13
APRILE 2020 L'editoriale.
Futuro incerto: in gioco libertà, diritti,
svaghi. Ma chi pagherà per tutto questo?
Un
periodo dove si parla poco di calcio, ma di attualità.
Interessante un articolo apparso sul sito on line
del 'Corriere della Sera' con un titolo eloquente:
«La Sars ci aveva predetto il Coronavirus
e non abbiamo saputo ascoltare». Quando un
intero globo viene annichilito da un virus in tempi
moderni, ci sono tante riflessioni che vengono a
galla. Come viene precisato dall'articolo stesso,
tanti gli aspetti sotto la lente di ingrandimento.
Già si sapeva dei mercati cinesi, nominati
in gergo «wet market», cioè quei
mercati con degli animali selvatici che poi sono
in grado di portare quei virus all'uomo: il tutto
è favorito da condizioni di contatto diretto
tra animali macellati vivi in condizioni sanitarie
precarie. Basta leggere
questo articolo per farsi un'idea per capire meglio. Quando
si rovistano poi le foto della pandemia "spagnola"
sembrano oggi, sono passati 100 anni, ma nulla è
cambiato. C'erano state delle avvisaglie che conducevano
ad un allarme pandemico. Aveva messo in guardia
tutti il medico canadese Caulford ai tempi della
Sars, dove pure il Canada fu toccato dal virus,
e a suo dire, affermava: «ha spezzato uno
dei più raffinati sistemi sanitari del mondo
mettendolo in ginocchio, rischiamo grosso in prossimità
di un prossimo virus». Il tutto è stato
preso alla leggera perchè già si sapeva
che un virus avrebbe colpito senza pietà
un sistema sanitario con una pressione insostenibile.
Troppa improvvisazione nel capire l'emergenza. Si
è violata anche la carta costituzionale (articolo
32) che sancisce la tutela alla salute per l'interesse
della collettività. Il risultato finale è
la storia di questi giorni. Così si è
dovuti arrivare ad estremi rimedi. Così di
fronte a questa minaccia, con il rischio di mandare
in tilt un intero sistema sanitario (depotenziato
in
dieci anni), si è passati alla quarantena
e si è fermato un intero paese, con conseguenze
che saranno inimmaginabili a livello economico.
Senza dimenticare che si è messa a repentaglio
la libertà individuale. Capite bene, anch'essa
sancita dalla Costituzione, ma in questo caso la
carta costituzionale è stata aggirata. Non
certo per colpa dei cittadini. Ma da una gestione
alquanto superficiale della situazione. Sia chiaro:
la sola vera libertà è quella che
esprime il bene universale. Ma è altrettanto
chiaro che una politica seria, oltre al rischio
sanitario, deve mettere in conto pure il danno che
è stato procurato per tanta gente con la
clausura domestica. Chi pagherà il danno
economico che comporterà tutta questa vicenda?
Chi pagherà il fatto che ogni cittadino dovrà
cambiare stile di vita e di aggregazione, che sconvolge
un intero popolo e un certo modo di vivere? Si fanno
tante chiacchiere ma nessuno sta mettendo in atto
delle misure di sostegno economico, morale e psicologico
verso una popolazione che dall'oggi al domani si
è vista privare anche del diritto di poter
stringere la mano ai propri cari, ai propri amici
e alla gente che si vuole bene. Ogni cittadino ha
perso un pezzo della sua libertà e dei suoi
diritti. Nella democrazia vige la trasparenza, un
bene di garanzia irrinunciabile. La democrazia ha
coniugato le esigenze della libertà e della
giustizia sociale, ideologia che prevale sulle dittature.
Ma siamo davvero sicuri che si stanno esercitando i
poteri che la democrazia riconosce? Le
scelte che si prendono oggi per combattere il virus
devono essere coniugate con altre scelte che devono
garantire il nostro futuro e il futuro delle prossime
generazioni. Lo chiedono gli italiani.
• 10
APRILE 2020 Gomez:
"Mi manca il pallone, il calcio è
bello. Quando giocavo con Jorginho? Sì, ma..."
Intervenuto
nella trasmissione 'Aspettate C' a Sportitalia visibile
sul canale digitale terrestre numero 60. Stiamo
parlando di Juanito Gomez mentre scorrono le immagini
con l'argentino che si allena con la palla nel garage
di casa. Gomez spiega il momento: "Purtroppo
siamo tutti a casa, ma lo facciamo per il bene di
tutti quanti. Io sono tornato a casa, qua vicino
Verona perchè ci è stato dato il permesso
di andare via. Abbiamo tanta voglia di ripartire
e giocare perchè giocare è la cosa
più bella che c'è. Ma faccio davvero
fatica ad essere fiducioso vista la situazione che
stiamo vivendo. Questo mestiere è troppo
bello. Perciò si può pur aspettare:
si può giocare pure a luglio, agosto o settembre.
Non si può stare a casa troppo a lungo".
Eppure tempo fa la squadra si è allenata
in città, in centro storico, ma che bello?
"Tra la gente è stato bello. Ma lo
abbiamo potuto fare perchè in quel preciso
momento la situazione di emergenza non si era ancora
capita bene. Tuttavia è stato importante
perchè volevamo stare vicino alla città
e alla gente che non poteva venire allo stadio.
Abbiamo voluto dimostrare tutta la nostra vicinanza.
Una cosa bella, con la gente che ci osservava con
piacere. Ora la cosa è davvero complicata,
bisogna stare a casa e uscirne il prima possibile.
Resta incredibilmente difficile parlare di calcio
adesso". Qualche indicazione per il rientro?
"Non abbiamo una data. Perciò attendiamo,
finchè non arrivano decisioni dall'alto".
Una carrellata di gol e in studio rimane impresso
quel gol a giro sotto il sette con destro liftato
dalla lunga distanza segnato alla Feralpisalò
con il portiere locale che resta di sasso: "Sì,
bello, da non crederci, ma non ci credevo nemmeno
io". Un po' di ironia non manca, come non
manca un po' di modestia quando parla che ai tempi
di Verona è stato compagno di squadra di
Jorginho: "Mi dicevano che ero più
forte di lui tecnicamente? In realtà si è
visto la carriera che ha fatto Jorginho, è
molto forte e faceva rendere più forti anche
chi giocava con lui, compreso me stesso. Ma con
l'Hellas Verona è stata una esperienza molto
bella, due promozioni, ho tanti amici, non è
un caso che mi sono fermato ad abitare proprio a
Peschiera del Garda vicino Verona". In
giornata ha parlato pure il tecnico Vincenzo Torrente.
E' intervenuto nella edizione di Genova del giornale
'La Repubblica' (come ha riportato anche Tuttoc.com)
e ha detto: "In C gli stipendi non si toccano.
C'è gente che guadagna anche 1500 euro al
mese. Monza, Vicenza, Reggina e Bari sono entità
a parte per la serie C, da tenere conto. Senza quattro
mensilità non si possono pagare i mutui
o gli affitti".
• 10
APRILE 2020 Dubickas
e Megelaitis in Lituania. E Notari non esclude la
formula della cassa integrazione
Liberi
di tornare a casa. Lo aveva accennato e anticipato
proprio sulle nostre colonne il patron Sauro Notari:
"Appena possibile, vorrei che i calciatori
tornassero dalle loro famiglie e nelle loro case".
Così è stato. Pertanto sono rientrati
in Lituania, nel paese d'origine, l'attaccante Dubickas
e pure il mediano Megelaitis, dopo un viaggio più
lungo del previsto visto l'emergenza pandemia. Rimane
in sede invece l'altro straniero, Munoz, che ha
preferito restare in Italia senza tornare in Spagna.
L'argentino Gomez vive ormai nel nostro paese ma
è tornato a Peschiera del Garda. Anche il
tecnico Torrente è tornato a casa, in Liguria,
a Genova. Pure il portiere Zanellati è tornato
a Torino. Queste notizie sono riportate sul quotidiano
locale stamane nell'articolo pubblicato da "Il
Messaggero". Tutto questo sta a significare
che molto probabilmente la stagione non sarà
conclusa a breve, con l'ipotesi che addirittura
l'annata non sarà terminata per nulla. Anche
perchè tutti questi calciatori, in caso di
ritorno, dovranno rimanere in quarantena. Da stabilire
perciò come potrebbe finire, con la possibile
prospettiva che addirittura le prime classificate
(di ogni girone) vengono promosse in serie B. Si
sta pensando anche di formare una serie C d'elite
con 20 squadre e il resto delle squadre raggruppate
in una specie di vecchia serie C2. Bisogna capire
anche il futuro economico e proprio il patron Notari
non ha escluso che si possono usare delle strade alternative
in questo periodo di crisi: "Penso che la
cassa integrazione può essere adesso uno
strumento giusto. Bisogna tutelare i calciatori,
la salute prima di ogni cosa".
• 08
APRILE 2020 Malaccari:
"Fase difficile, si riparta con sicurezza.
Giocare è improbabile. E con la cyclette..."
Parla
in streaming il capitano Nicola Malaccari. Solo
ed esclusivamente via video tramite i canali social
ufficiali. Purtroppo la situazione è questa
e dobbiamo anche noi adattarci, finchè non
ci sarà un vero cambio di rotta nelle restrizioni.
Tuttavia Malaccari ha fatto sapere: "Stiamo
eseguendo il programma dello staff tecnico, in caso
di una eventuale ripresa. Cerchiamo di tenerci in
forma nel limite del possibile. Ho dovuto comprare
una cyclette perchè vivendo in un condominio
non avevo tanto spazio per correre ed allenarmi
per le restrizioni che ci sono in vigore. Perciò
adesso mi prodigo a pedalare abbastanza. Dico la
verità, vorrei dormire di più, ma
ormai mi sono abituato alla sveglia quotidiana dell'anno
calcistico: mi sveglio alle ore 9 circa e faccio
pure le pulizia di casa. Vivo con mia moglia Isotta
ma lavora in smart working chiusa nel suo ufficio
qui in casa. Ma nel fine settimana fa lei le faccende
domestiche perchè è più brava. Faccio
la spesa la mattina, pranzo insieme, nel pomeriggio
mi rilasso sul divano. Gioco pure alla playstation.
L'allenamento inizia intorno alle ore 17 per un'ora
o un'oretta e mezza. Cena e prima di dormire si
guarda la tv. Purtroppo le giornate sono queste".
Una chiusura totale verso il mondo, diremmo noi.
É difficile parlare di calcio adesso, ma ci si prova:
"Mi ricordo volentieri al primo anno
di esperienza nei professionisti con il Rimini quando
lo stesso Gabriele Zamagna, allora direttore sportivo, si
trasferì dagli adriatici all'Atalanta e mi
portò con sè con la Dea squadra Primavera:
fu una bella esperienza toccare con mano l'ambiente
atalantino, fu una prova che mi fece crescere tantissimo.
Giocai con Zappacosta, Baselli e Sportiello che
poi sono arrivati più in alto. Ci giocava
pure Almici che è stato a Gubbio in serie
B". Ma c'è un altro step per la
sua carriera, l'esperienza in serie C1 con l'Avellino:
"Naturalmente, riuscì a fare per
la prima volta un campionato da protagonista in
terza serie. Ottima squadra con tanti giovani ma
con degli elementi che sono arrivati in alto come
Zappacosta, Izzo, Falzerano e Zigoni. Una grande
spinta fu anche la piazza di Avellino, in quanto
come calciatore ti fa sentire importante".
Poi il Gubbio: "Mi chiamò proprio
Giammarioli, colui che mi aveva voluto a Gubbio
in estate 2012. Mi sono affezionato a questa maglia.
A parte delle parentesi con Savoia, Paganese, Lupa
Roma e Maceratese. Purtroppo furono esperienze non
positive per via di problemi societari. Però
a Macerata ci fu un grande gruppo con Giunti alla
guida. Parentesi che mi hanno fatto crescere a livello
umano. Il mio ritorno in rossoblù è
stato importante, tra l'altro con il presidente
(Notari ndr) sono contento di avere riallacciato
i contatti, questa maglia me la sento mia e mi sento
una responsabilità doppia adesso essendo
il capitano". Ora come si ripartirà?
"Situazione molto difficile. Se si riparte
sono dell'idea che ci deve essere la massima sicurezza.
Finchè non si vince questa guerra, la priorità
è la salute. Solo dopo si può riprendere,
pure in estate".
• 07
APRILE 2020 Giammarioli:
"Cambieranno le abitudini, ora i presidenti
devono pensare ad altro. Silenzio..."
Parla
il direttore sportivo del Gubbio in questa fase
delicata che sta attraversando il mondo pallonaro.
Stefano Giammarioli ha parlato così: "Le
abitudini cambieranno a livello umano, ma quando
questa emergenza sarà finita subentrerà
anche un problema economico, nello sport come pure
nella vita quotidiana. Bisogna avere anche rispetto
verso questi presidenti che in questo momento devono
tutelare le famiglie e gli operai. Ma aspettiamoci
dei budget più bassi". Parole del
diesse eugubino pronunciate alla redazione di 'Super
News', dove ha proseguito dicendo: "Tuttavia
devo dire che il nostro presidente (Notari ndr)
con molta serietà ha rispettato le scadenze
di alcuni giorni fa, perciò siamo in regola
quindi con i pagamenti fino a febbraio. Invece per
quanto riguarda altri discorsi come i rinnovi, i
contratti e le mensilità, il presidente preferisce
attendere che questa emergenza finisca".
Un accenno sulle parole pronunciate dal presidente
Ghirelli, ecco cosa dice Giammarioli: "Penso
che si stia comportando in maniera responsabile
con idee positive, concrete e razionale: d'altronde
la priorità adesso è la protezione
delle persone". Quando si parla di una
possibile ripresa, taglia corto: "Ora a
mio avviso serve silenzio, soprattutto nel rispetto
per chi sta soffrendo. Soffriamo tutti però
c'è tanta gente che sta soffrendo cento volte
di più: chi è chiuso in casa, chi
ha perso dei familiari, chi soffre negli ospedali,
soprattutto medici ed infermieri. Pertanto
noi sportivi dobbiamo attendere in silenzio".
E adesso come vi adattate a distanza con i calciatori?
"La squadra è stata sotto controllo fin dai primi giorni dell’arrivo di questa pandemia. Siamo stati fin da subito molto severi. Il mister e lo staff hanno risposto in maniera molto seria e responsabile alle nostre direttive. Il presidente (Notari
ndr) è stato capillare nei controlli, insieme allo staff medico, garantendo in questo modo ai calciatori e dipendenti un monitoraggio continuo. Quindi, ora, la squadra attende nuove disposizioni nelle proprie case, con grande responsabilità.
Il dottore ha consigliato una dieta provvisoria".
Ma che futuro sarà secondo lei? "Cambierà
completamente lo stato mentale delle persone. Dovremo
tutti abituarci per un lungo tempo alle mascherine
e alla distanza di sicurezza. Tuttavia posso dire
che il nostro presidente già da tempo ha
predisposto una continua disinfestazione degli spogliatoi,
insieme alla costante pulizia di tutti gli ambienti".
• 06
APRILE 2020 Ghirelli:
"Siamo in guerra e le case sono distrutte.
Qua i presidenti devono salvare le aziende"
Si
è potuto evidenziare un Francesco Ghirelli
mai visto a notte inoltrata dove è intervenuto
su Raidue nella trasmissione "La Domenica Sportiva",
con una frase che lascia di stucco tutti quanti:
"Siamo in guerra, le case sono distrutte".
Il presidente della Lega Pro era visibilmente commosso
proseguendo nel dire in maniera diretta: "Forse
qualcuno non ha capito che tutto è cambiato.
Durante la conferenza tramite video con tutti i
presidenti di venerdì scorso è venuta
fuori una assemblea drammatica. Voglio dire: il
presidente della Pergolettese, Fogliazza, ha perso
il nipote di 37 anni e il medico sociale. Poi il
presidente della Feralpisalò, Pasini, si
trova nel bresciano dove ci sono stati tanti decessi.
Ci siamo quasi tutti messi a piangere. Perciò,
come posso parlare con loro per riaprire il calcio?
Questa cosa mi ha cambiato come uomo, pure nel carattere".
Con un nodo alla gola ha continuato a parlare in
modo crudo: "Ci sono stati dei presidenti
che mi hanno chiesto di restituire le fideiussioni.
Imprenditori che pensano di salvare la loro azienda,
il calcio viene dopo. Qua ci sono diverse società
che rischiano di scomparire. Questa situazione ha
lasciato dei crateri a terra. Manca la liquidità,
servono interventi oggi dallo stato (anche se capisco
che non ha i soldi), altrimenti si rischia di esserci
una falcidia totale. Perciò qua non è
tanto il problema se si concluderà la stagione,
qua il rischio concreto è che non si sa come
si ripartirà dalla stagione 2020/2021 perchè
i danni sono seri. Abbiamo un danno di 20milioni
di euro, ma credo che sarà almeno quadruplicato.
Sotto di noi c'è il mondo della serie D che
rischia di saltare". La situazione è
piuttosto difficile. Non solo a livello economico
per la serie C. Anche a livello pratico è
praticamente quasi impossibile tornare a giocare
con le regole di prima. Infatti Ghirelli ha aggiunto:
"In uno stadio c'è gente che esulta,
mi abbraccia per un gol e come si fa con la mascherina?
Nessuno parla questo linguaggio, ma il più
grande gioco popolare farà la fine del Colosseo".
Pure il presidente degli Arbitri Italiani (Aia),
Marcello Nicchi, intervenuto alla stessa trasmissione, fa
capire che il calcio non sarà
più lo stesso: "E allora
gli arbitri? Nessuno ne parla? Quando andavano sui
campi a porte chiuse mi imploravano con le lacrime
che avevano paura e che avevano famiglia. Non manderò
più gli arbitri allo sbaraglio. Tutti i campi
e gli spogliatoi devono essere sanificati. Servono
garanzie concrete. Potrebbe fermarsi anche la Var,
in quanto si lavora in una cabina con persone che
non rispettano le distanze di sicurezza. Se dovessimo
partire domani, noi non ci saremo. Bisogna cominciare
a ragionare sulle cose". Come dire, cambiano
tutte le carte in gioco. Le scelte sbagliate a livello
ideologico (dalla globalizzazione agli afflussi
senza controllo, il non chiudere le frontiere subito),
ha messo in pericolo non solo la sicurezza nazionale
a livello sanitario ma pure l'economia, la democrazia
e lo svago. Ora, qualcuno lo spieghi.
• 05
APRILE 2020 L'editoriale.
Un tempo sospeso, tra la vita e il pallone. Ci siamo
svegliati in un altro mondo...
Dobbiamo
essere pronti a liberarci della vita che abbiamo
programmato per poter avere la vita che ci aspetta.
Una lunga frase che racchiude tante cose. Una frase
pronunciata da Joseph Campbell, un saggista e uno
storico delle religioni statunitense. Un viaggiatore
instancabile e curioso, appassionato delle infinite
pagine della storia del mondo. Famoso come scrittore
che ha vissuto dal 1904 al 1987. E non c'è
ombra di dubbio che la citazione di Campbell calza
a pennello nel momento attuale. Perchè questo
scenario, del tutto inatteso, ha cambiato in un
attimo tutte le nostre vite. E in molti si stanno
già chiedendo come sarà la vita dopo
il Coronavirus. Spiazzante la velocità con
cui è cambiato tutto, la nostra vita quotidiana.
Probabilmente sarà necessario evolversi,
abbandonare i dogmi e adeguarsi a questa nuova realtà.
Forse ci sarà la necessità
di adattare le nostre democrazie e quindi di conseguenza
dovremo adattare tutti i nostri comportamenti verso
un distanziamento sociale, così che tutto
ciò che esisteva prima potrebbe diventare
un vano ricordo. Probabilmente quando torneremo
alla normalità lo faremo con regole del tutto
nuove. Cambierà il modo in cui faremo la
spesa, andremo al ristorante e ci saluteremo. Tante
sono le preoccupazioni per chi è costretto
a stare in un isolamento forzato che reprime in
maniera perenne ogni qualsiasi libertà personale.
Siamo in pratica in una via di mezzo tra la sorveglianza
totalitaria e la responsabilizzazione dei cittadini.
C'è la preoccupazione per le ripercussioni
economiche che colpiranno duramente l'Italia coinvolta
nelle misure di contenimento. Ma vengono a galla
altre perplessità che riguardano il modo
con cui potremo vivere fuori dalle mura domestiche
e la stessa socialità. Viviamo un tempo sospeso,
una esistenza in bilico, nessuno se lo poteva immaginare
che avremmo dovuto vivere nell'immediato questo
periodo difficile. Probabilmente l'Italia sta pagando
a caro prezzo la sua iniziale impreparazione. La
logica conseguenza di decisioni poco lungimiranti.
Solo quando i buoi sono usciti dalla stalla, si
è poi arrivati all'attuazione di misure restrittive
e ferree. Adesso tutti quanti si dovranno adattare.
La realtà che ci troviamo ad affrontare sembra
fantascienza. Gli unici eroi si trovano negli ospedali
italiani dove cercano di salvare il salvabile, o
tutti coloro che sono in prima linea pronti ad affrontare
questa emergenza straordinaria, non certo coloro
che negli ultimi dieci anni hanno tagliato svariati
miliardi di euro alla sanità pubblica mettendo
a serio rischio la sicurezza nazionale. É
stato calpestato un intero popolo, senza una guida
che abbia avuto un'etica comune rispettosa dei diritti
umani. Ci siamo addormentati in un mondo e ci siamo
svegliati in un altro. Abbracci e baci diventano
in maniera improvvisa armi, non visitare genitori
ed amici diventa un atto d'amore. Improvvisamente
ti rendi conto che il potere, la bellezza e il denaro
non hanno valore e non riescono a prenderti l'ossigeno
per cui stiamo combattendo. Tutti abbiamo scoperto
nuovi vocaboli ormai sopiti come "pandemia",
"quarantena" o la parola inglese "lockdown"
(confinamento). Ma simili pandemie si sono verificate
periodicamente nella storia, però la condizione
globalizzata nel mondo moderno rende questo evento
unico nel suo essere. Coloro che hanno sostenuto
le frontiere aperte e il commercio sfrenato hanno
portato solo recessione. Questo virus e certe
forzature sono il fallimento della globalizzazione.
Così devono tornare centrali nell'ambito
politico la Nazione e lo Stato Italiano, certamente
non più le entità sovranazionali.
L'uomo deve tornare ai valori fondanti, pensando
alla patria e alla comunità nazionale, valori
inesistenti nel globalismo e in questa Europa. Una
realtà dai risvolti nuovi che ci costringe
ad una riflessione attenta sullo stato delle cose.
Forse non sarà più lo stesso neppure
nel mondo del calcio, è il giorno zero. Tutto
diventerà più sterile, più
asettico. Anche le partite dovremo vederle a distanza
di sicurezza? Ahinoi, solo a pensarci vengono i
brividi.
• 02
APRILE 2020 Notari:
"Senza condizioni giuste, meglio finirla
qui. Si lotta con due memici in questa guerra"
Una
fase convulsa dove il calcio passa in secondo piano.
Tuttavia dovranno essere sciolti diversi nodi spinosi.
C'è chi parla di assegnare la classifica
come è, chi vuole proseguire, chi vuole ridurre
tutti gli stipendi dei tesserati. Allora sentiamo
il punto di vista del presidente Sauro Notari. Il
patron lo abbiamo chiamato telefonicamente e ci
ha detto quanto segue: "Ci sarà una
riunione con la Lega, ma già ho visto che
ci sono idee discordanti. Se ne dicono tante, per
ora sono solo ipotesi campate in aria. Il parere
dei presidenti è diverso l'uno dall'altro,
c'è chi la pensa mela e c'è chi la
pensa pera: abbiamo una chat tra tanti presidenti,
la maggioranza vuole finire il campionato e la maggioranza
vorrebbe non pagare più, c'è chi vuole
smettere, c'è chi vuole mettere la cassa
integrazione. Insomma la situazione adesso è
buia. Qua servono aiuti sia a livello ministeriale
e sia a livello di Lega. Speriamo che arrivi qualche
segnale. Per me questa è una guerra che si sta
lottando con due nemici". Cioè?
"Uno visibile e uno invisibile. Invisibile
è quello sanitario perchè il virus dilaga, non lo vediamo, non si sa quando tutto
questo finirà. Quello visibile è invece
il discorso della crisi economica che tutta questa
vicenda si porterà dietro, penso sarà
inevitabile". Ah, ecco, prosegua? "Dicevo
che se ne dicono davvero tante. Prima Gravina e
poi la Capotondi paventano di incominciare a maggio.
E rispondo: ancora muoiono tante persone al giorno,
ma dico io come si fa a programmare qualcosa? Noi
che dobbiamo andare a fare le trasferte a Carpi,
Modena o Padova, per dirne alcune, con quale spirito
possiamo andarci? Non siamo disposti a mandare la
gente al macello. Prima viene la salute di tutti,
dei tesserati. Oltretutto partire dopo due mesi
di fermo mi sembra tutto assurdo". Ma la
sua idea quale è? "Se tutta questa
situazione di emergenza sanitaria non si affievolisce
e non si arriva ad una situazione di stabilità
con certe condizioni sicure, per me il campionato
deve essere considerato un campionato finito già
qui. Penso inoltre che bisogna già a pensare
a lavorare per la stagione prossima". Con
una ipotesi del genere, se fattibile, come assegnerebbe
i titoli? "Si potrebbe fare una serie B
a 22 squadre. Anche se ultimamente è venuto
fuori che si vuole una serie C d'elite con 20 squadre
e sotto le altre squadre collocate in una specie
di serie C2. Questa, a mio avviso, non è
una cosa così semplice. Ci vuole del tempo
per fare questo e ci potrebbe stare, ma non da subito
dalla prossima stagione. Lo statuto infatti dice
che si può cambiare solo entro il 31 dicembre
dell'anno antecedente. Perciò può
essere fattibile solo dal 2021. Oltretutto, quali
sarebbero i parametri per rientrare in un torneo
di elite? Provate un po' a fare ragionare 60 teste
tra i presidenti. Infatti l'avvocato Grassani si
è già pronunciato: ci sono tanti aspetti
da rispettare e si rischia di fare una infinità
di ricorsi. Già c'è tanta lungaggine,
figuriamoci poi cosa potrebbe succedere. Immagino
già che casino potrebbe scoppiare. Perciò
vanno fatte tutte le cose con il cervello e non sottovalutare
nessun aspetto". Ma Notari spiega che ha
in mente alcune cose da fare, ecco la principale:
"Appena è possibile, se è
fattibile, vorrei mandare i calciatori a casa dalle
famiglie. Ci sto lavorando perchè è
inutile che li tengo a Gubbio quando invece possono
stare vicino alle loro famiglie. Questo lo dico
indipendentemente da quello che si deciderà".
• 01
APRILE 2020 Filippini:
"Erano diverse le aspettative all'inizio.
Ora parlare di calcio è irrispettoso, c'è
paura"
Di
solito il 1 aprile ci divertivamo a fare degli scherzi
in questo spazio. Non è il momento per il
pesce d'aprile in questa fase delicata
che non ha precedenti dal dopo guerra. Perciò
riportiamo cosa dice il terzino Lorenzo Filippini
tramite una video chiamata nei social ufficiali: "Mi
alzo la mattina con calma, sono in compagnia
della mia compagna Giuliana e con il mio cane che
è un labrador. Tutto con calma fino a pranzo. Da buon romano il mio piatto
preferito è una bella carbonara. Poi un riposino e poi si va con l'allenamento.
Variamo una serie di esercizi, ma ci manca un po'
la corsa: in casa è difficile
farlo. Poi la playstation che è il mio hobby
preferito e dopo cena si guarda un film". Ma
Filippini racconta un aneddoto quando aveva firmato
con il Bari nel 2014:
"Appena firmato il contratto, mi recai nella via principale di Bari e
ci fermarono
i Carabinieri: avevo preso la patente da poco, appena
diciottenne, ma il carabiniere mi riconobbe subito dicendomi:
«ma tu sei il nuovo acquisto del Bari?».
Ed io risposi di si. E allora lui mi disse: «vai
tranquillo, goditi la città e fai una buona
cena». Mi dite se un calciatore è privilegiato?
In certe piazze così calde, figurati".
Ma parlando di calcio ricorda quando fu allenato
da Simone Inzaghi ai tempi delle giovanili della
Lazio: "Sì, l'ho avuto negli Allievi
e Primavera: un rapporto sempre schietto, essendo
un ex calciatore era riuscito ad istaurare un bel
rapporto con tutti i ragazzi ed ora sta dimostrando
tutte le sue qualità in prima squadra. Ma è stato importante anche
Bollini con il quale abbiamo vinto uno scudetto
Primavera".
Poi in B? "Tra tutte mi trovai molto bene
a Bari dove ci fu proprio il mio esordio in cadetteria.
C'erano ex rossoblù come Galano, Donnarumma
e Benedetti. Tre ragazzi straordinari.
Galano poi è di qualità altissima ma anche simpatico,
una grande persona. A Vercelli incontrai invece
l'eugubino Ettore Marchi: un vero leader nello
spogliatoio, grandi qualità da calciatore
ma sempre con il sorriso e scherzava con tutti. Mentre in
campo
era serio e sempre pronto a riprenderci per mantenere
la massima concentrazione. Un vero punto di riferimento". E pensare che Filippini è
stato in B con la Virtus Entella compagno di squadra
di Nicolò Zaniolo, ora nella Roma: "Già si vedeva che
aveva qualità superiori alla norma, una vera
potenza fisica: tecnica, grande tiro da fuori area
e
con tanta voglia di arrivare. Già era molto
forte". Ed ora a Gubbio? "Le aspettative
ad inizio di campionato erano altre. All'inizio
sono successe un po' di cose che ci hanno messo
in difficoltà. Però poi con l'arrivo
del mister (Torrente ndr) e soprattutto dal girone
di ritorno abbiamo cambiato marcia. Io personalmente
ho cominciato a fare bene, cose che non mi riuscivano
fare prima". Glissa quando si parla quando
si riprenderà: "Parlare di calcio è irrispettoso,
con tanti deceduti. Noi siamo preoccupati con
le nostre famiglie lontano da casa. Adesso conta la salute e che finisca tutto
presto".
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